L’aereo del futuro? Più leggero e green con la stampa 3D

«In futuro grazie alla stampa 3D avremo aerei sempre più leggeri e meno inquinanti. L’obiettivo comune è il cielo a emissioni zero». Per Vito Chinellato, responsabile dell’Export Sud della multinazionale tedesca EOS, il potenziale delle nuove tecnologie è illimitato. Non a caso l’azienda, che dal 1989 progetta e realizza tecnologie per la stampa 3D, su questa scommessa ha costruito il proprio business.
Una scelta strategica considerando che nel settore aeronautico la domanda di additive manufacturing ossia l’insieme dei processi di fabbricazione ‘per strati’ a partire da modelli digitali e polveri metalliche, è in crescita.

E proprio l’innovazione è stata al centro dell’International Paris Air Show, tenutosi a Le Bourget dal 21 al 25 giugno. Un momento d’incontro per gli operatori del settore e per le aziende che propongono loro nuovi strumenti.

«Il vantaggio immediato è legato alle nuove geometrie – spiega Chinellato -.  La stampante 3D offre maggiore libertà nella progettazione: permette di produrre un unico pezzo, fondendo tramite laser strati successivi di polveri metalliche.  Prima si dovevano assemblare e saldare pezzi diversi ottenuti per sottrazione da un blocco di materiale iniziale. Oggi questi limiti sono superati: si produce più in fretta e senza generare scarti».

Le nuove tecnologie, in breve, influenzeranno sempre di più la progettazione e l’aspetto degli aerei su cui voleremo domani. In particolare la stampa 3D consente di produrre componenti più leggere per i motori. Il peso viene ridotto  dal 40% al 60% del totale.

Il classico Boeing 777 utilizzato dalle compagnie internazionali potrebbe così pesare meno e consumare minor carburante in volo con una riduzione sensibile  dell’emissione di CO2.

«Dopo una fase di sperimentazione della stampante 3D – aggiunge Chinellato – siamo arrivati alla produzione industriale. Nei prossimi anni però serviranno stampanti sempre più specializzate. Per ora le nostre macchine sono state impiegate trasversalmente in tutti settori: dal bio medico, al design passando per  l’energetico. In futuro non basterà più serviranno modelli ad hoc».

Pmi e nuove professioni

A frenare l’innovazione per ora è solo il suo costo. Per acquistare un macchinario Eos si possono spendere dai 700 mila euro fino a 1,5 milioni a seconda della grandezza della stampante.

Cifre che spesso fanno storcere il naso alle piccole e medie imprese già in difficoltà quando si parla di accesso al credito e restie agli investimenti con ritorno economico di lungo periodo. Qualche coraggioso che  ha scelto di ‘correre il rischio’ peró esiste. É il caso di Giuseppe Facchini, Ceo di Precicast Sa, azienda di Chiasso specializzata nella produzione di turbine per aerei.

«Siamo una fonderia che ha stravolto completamente il suo ciclo produttivo grazie a queste macchine. Secondo i miei calcoli nell’ultimo periodo abbiamo aumentato la produzione del 20-30% oltre ad aver ridotto i tempi e gli spazi di lavorazione».

Facchini ci tiene a sfatare il falso mito della fabbrica 4.0 che mangia posti di lavoro. «Non abbiamo licenziato nessuno dall’arrivo delle macchine. Nei prossimi anni non avremo bisogno di meno operai semplicemente a differenza del passato dovranno essere specializzati».

Anche per questo le aziende che producono stampanti 3D stanno puntando sulla formazione. La figura professionale ideale è quella di un tecnico che sia stato preparato sul campo. Non necessariamente un ingegnere ma anche un giovane uscito da un istituto professionale che abbia acquisito le giuste competenze.

In breve non un automa che si limiti a premere il pulsante di accensione della stampante 3D ma un operaio che sappia gestire i processi di stampa e che abbia idea dello scopo ultimo dei componenti realizzati.

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