La stampa 3D nell’industria italiana: una case history

Tra le rappresentazioni infografiche dell’universo complesso dell’Industry 4.0, ricorre spesso un’immagine, quella in cui un cerchio di tecnologie racchiude la parola Industry 4.0. Sul perimetro di quel cerchio trovate, tra le altre, le icone per IoTBig DataCloud Computing e Additive manifacturing, nota ai più con il nome di stampa 3D.


In questo articolo ci concentreremo su questa ultima tecnologia, ricordando però che la stampa 3D, sopratutto se pensata in ottica di Industry 4.0, è solo la punta dell’iceberg di un mondo più ampio, noto con il nome di digital fabrication, costituito da un set di tecnologie che contiene macchine altrettanto interessanti, come tutte quelle a controllo numerico (frese, pantografi e torni), le macchine e i sistemi per il taglio e l’incisione laser, i plotter di stampa.

È innegabile però che, tra le tecnologie appena nominate, nell’ambito della digital fabrication, la stampa 3D è la più rivoluzionaria e affascinante, questo perché, lavorando per addizione di materia, cioè sommando strato su strato, layer by layer, questa tecnologia permette forme e geometrie alternative e di conseguenza prevede un nuovo approccio al design, alla distribuzione e all’acquisto dei beni fisici.

In questo articolo partiremo, come al solito, da un caso di studio reale tra quelli che ci è capitato di studiare e sviluppare all’interno del nostro laboratorio milanese di progettazione e produzione digitale, TheFabLab, per poi trovare delle regole e delle caratteristiche generalizzabili che siano utili a chi vuole affrontare nel modo giusto questa rivoluzione industriale.

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