Il futuro della stampa 3D passa dall’industria

Dopo la grande enfasi sul mercato consumer, le grandi aziende puntano ora sulle stampanti professionali, capaci di produrre oggetti complessi in piccola serie.
Ha un mercato trasversale che va dal settore delle autovetture alla sanitaria, un’industria che nel 2015 valeva 11 miliardi di dollari e nel 2019 arriverà a 26,7 : è la stampa 3D, che nonostante i numeri attuali non ha ancora mostrato tutto il suo potenziale. Manca ancora la killer app, ovvero un’applicazione vincente che renda l’utilizzo di questa tecnologia accessibile a tutti per usabilità e prezzo.

piccola serie senza richiedere gli investimenti dei macchinari attuali.
La stampante 3D professionale HP Jet Fusion 3D 3200

Questa è la direzione presa dalla statunitense HP, che a Barcellona ha stabilito la sua sede più grande in Europa. Già tra i leader nel settore della stampa 2D, prima di arrivare ai consumatori intende cambiare radicalmente la produzione. «I nuovi modelli sono 10 volte più veloci grazie alla nuova tecnologia Multi Jet Fusion – ci spiega Ramon Pastor, general manager di HP – la qualità resta alta e c’è meno spreco di materiale, ad un costo dimezzato». Basta il prezzo per comprendere dove sia orientato il business: il nuovo modello HP Jet Fusion 3D 3200 parte da 130 mila dollari ed è anche il più economico.Secondo l’azienda di Palo Alto nel prossimo futuro le famiglie non avranno una stampante in 3D in casa, ma avranno bisogno di stampare oggetti in tre dimensioni. A quel punto si rivolgeranno ad aziende che si sono dotate di quella tecnologia, e la stessa HP si sta organizzando per servizi pay-per-use, ovvero a consumo.

Il 3D permette la produzione di pezzi che siano leggeri ma resistenti, personalizzabili e riproducibili in serie, una tecnologia trasversale che interessa settori come l’aeronautica, l’industria automobilistica, sanitaria e il design. Proprio la replicabilità degli oggetti ha sollevato dubbi sulla questione del copyright: tramite scansione in 3D è possibile produrre una copia identica di oggetti molto complessi, anche se coperti da diritto d’autore. Emilio Juárez, direttore vendite HP, afferma che i nuovi macchinari non sono in grado di stabilire se la scansione o stampa di un oggetto possa rappresentare un reato: «Le nostre stampanti in 2D sono dotate di un riconoscimento d’immagine che ne impedisce la riproduzione di banconote; una tecnologia simile non è ancora applicabile ai nuovi modelli in 3D. Per il momento HP lavora alla creazione di un ecosistema composto da produttori e consumatori che rispettino il diritto d’autore. Comprendiamo che un utilizzo non regolamentato di questa tecnologia possa portare a un potenziale disastro».

Così come il mercato musicale anche quello manifatturiero potrebbe essere colpito duramente dalla pirateria, per questo si stanno ipotizzando soluzioni simili al modello Spotify: un programma che consenta di scaricare file per la stampa 3D, come con la musica, ma senza poter rivendere o copiare il prodotto.

Ma l’espansione del 3D è rallentata anche dal costo dei materiali consumabili, e come già successe per l’inchiostro delle inkjet anche qui potrebbe nascere un business. Esistono diverse start-up che stanno sviluppando sistemi di riciclo della plastica per creare nuovo filamento adatto alla stampa 3D. Diverso l’approccio di HP, che punta al riutilizzo degli scarti di stampa, come spiega Juárez: «Normalmente un oggetto stampato in 3D ha bisogno di una lavorazione sottrattiva per raschiare il materiale in eccesso, materiale che viene sprecato. Con le soluzioni tecnologiche da noi adottate è possibile recuperare tutto il materiale in eccesso: per una nuova stampa ne riutilizziamo l’80 per cento miscelato a un 20 per cento di materiale vergine».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *